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Scudo fiscale: cosa fare per gli immobili detenuti all'estero

di Luca Miele

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La detenzione di immobili all'estero e la possibilità di aderire allo scudo fiscale è uno dei temi più "gettonati" tra gli operatori, i cui dubbi riguardano soprattutto i presupposti della regolarizzazione (o del rimpatrio giuridico).
In particolare, per esempio, le domande riguardano gli immobili tenuti a disposizione in Paesi che non li tassano (Francia, Germania, eccetera). In quest'ipotesi, quando risulta violata la normativa sul monitoraggio fiscale cosa costituisce condizione di accesso allo scudo?
È ormai chiaro, in quanto più volte ribadito dall'agenzia delle Entrate, che in caso di immobili non locati e tenuti a disposizione del contribuente in un Paese che non li assoggetta a tassazione ai fini delle imposte sui redditi - e che, quindi, non sono imponibili neanche in Italia in base all'articolo 70, comma 2, del Tuir – l'obbligo di dichiarazione nel modulo RW, sino al 2008, è escluso poiché l'immobile non è in concreto produttivo di redditi imponibili in Italia nell'anno in cui è tenuto a disposizione.
Il punto su cui si discute è se tale presupposto, invece, sussista nel caso in cui lo stesso immobile è stato acquistato con bonifici effettuati regolarmente da intermediario italiano. Si ritiene che anche in questo caso la risposta debba essere negativa poiché questi flussi finanziari non andavano indicati nella sezione III del quadro RW in quanto relativi a beni che non vanno segnalati nella Sezione II. Sul punto la circolare 54/2002 sembra chiara e tale documento dell'Agenzia è richiamato dalla recente circolare n. 43/2009 come prassi che è tuttora applicabile alla nuova versione dello scudo.
Discorso diverso va fatto se per acquistare l'immobile è stata violata la normativa sul trasporto al seguito: è il caso in cui ho esportato denaro non producendo la dichiarazione doganale e ho costituito la provvista all'estero acquistando l'immobile. In questo caso, si è comunque violata la norma sul monitoraggio e si può aderire alla emersione degli immobili, anche di quelli non tassati all'estero.
Verificata la possibilità di aderire allo scudo, occorre chiedersi quale valore dell'immobile indicare nella dichiarazione riservata. La risposta si trova nella circolare n. 43 che, al paragrafo 8, afferma: «Con riferimento alle attività diverse da quelle finanziarie, è necessario che il valore del bene da indicare nella dichiarazione riservata sia quello compreso tra il costo di acquisto documentato e quello risultante da un'apposita perizia di stima». L'eventuale perizia non va allegata alla dichiarazione riservata, ma conservata dal contribuente. Il valore indicato nella dichiarazione costituisce la base imponibile per il pagamento del 5% e lo scudo da futuri accertamenti. Aspetto diverso è quello del costo fiscalmente riconosciuto dell'immobile "scudato". La circolare n. 43 afferma, in linea con la prassi amministrativa precedente e con il comma 5-bis dell'articolo 14 del Dl 350/2001, che il costo fiscalmente riconosciuto di un'attività finanziaria è dato dal costo di acquisto ovvero, in assenza della documentazione di questo costo, da un valore attestato da una dichiarazione sostitutiva nella quale si specifica il costo fiscale che si intende attribuire alle attività finanziarie fatte emergere o, in alternativa, l'importo indicato nella dichiarazione riservata.
Ma tale orientamento non è applicabile anche alle attività non finanziarie e, quindi, agli immobili. Sin dalla prima versione dello scudo, ci si è chiesti se fosse possibile, in assenza del costo di acquisto documentato, attribuire al bene patrimoniale un costo fiscale pari al valore indicato in dichiarazione riservata. Tale eventualità oggi è decisamente negata in quanto la Circolare 43, alla fine del paragrafo 12, afferma: «Per la determinazione dei redditi diversi derivanti dalle attività rimpatriate diverse da quelle finanziarie, non potendosi applicare la disposizione speciale contenuta nel comma 5-bis dell'articolo 14 del decreto legge n. 350 del 2001, si rendono applicabili gli ordinari criteri di determinazione dei redditi stabiliti dal Tuir». In sostanza, per un'attività non finanziaria, il costo fiscalmente riconosciuto è dato sempre e solo dal costo di acquisto, indipendentemente da quanto indicato nella dichiarazione riservata.

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